Intervista a Paolo Piazza, Group CFO di Siderforgerossi Group (a cura di Francesco Gatto)

Il mercato dell’M&A vede ormai da alcuni anni un attivismo e un interesse crescente degli attori del private equity e anche gli ultimi dati sulle tendenze dell’M&A confermano sempre più il ruolo del private equity come partner nella crescita di aziende anche attraverso acquisizioni di add-on al fine di creare poli aggregativi del Made in Italy.

In tale contesto è sicuramente interessante capire come possono essere interpretati i ruoli della prima linea di management in aziende controllate dal private equity. Uno dei ruoli centrali in azienda è certamente il ruolo del CFO che peraltro rappresenta un interlocutore fondamentale e di fiducia per il private equity nella gestione delle aziende acquisite.

Proprio per capire come un CFO si interfaccia con il private equity e come agisce in tali contesti, abbiamo intervistato Paolo Piazza, Group CFO di Siderforgerossi Group.

Fondata nel 2014 attraverso la fusione di due società di forgiatura, Siderforgerossi è un produttore leader e verticalmente integrato di laminati e forgiati con capacità in tutto lo spettro di produzione, compresa la forgiatura di stampi a laminazione ad anello, aperti e chiusi. Siderforgerossi è specializzata in prodotti forgiati di grande diametro e serve principalmente i settori relativi all’energia eolica, al petrolio e al gas, del movimento terra e del settore aerospaziale in Europa e Nord America. La società ha sede in Veneto ad Arsiero, gestisce dodici centri di produzione in Italia e in Spagna, con un fatturato di gruppo di poco meno di 300 milioni di euro e circa 600 dipendenti.

Nel mese di giugno 2021, Siderforgerossi è stata totalmente acquisita dal Fondo Private Equity statunitense KPS Capital Partner. KPS gestisce una famiglia di fondi di investimento con un focus in aziende manifatturiere e industriali appartenenti ad una vasta gamma di settori in US e Europa.

Come si declina il ruolo del CFO (in termini di obiettivi, di indirizzo, ecc…) in un’azienda di proprietà di un fondo e quali sono normalmente le principali priorità di un CFO in tali contesti?

Partiamo dalla considerazione che non tutti i fondi PE hanno le medesime strategie e logiche.

KPS è un fondo di private equity americano fortemente focalizzato in investimenti in realtà manufatturiere con l’obiettivo di incrementare il valore delle aziende del portfolio attraverso miglioramento delle operations.

KPS detiene il 100% di Siderforgerossi ed è attore molto presente all’interno della gestione operativa “day by day”. Ci confrontiamo frequentemente con i referenti del Fondo, che incontriamo periodicamente nelle nostre sedi in Italia e Spagna o negli uffici KPS a NYC, monitorando i piani di miglioramento operativo che guidano l’incremento di valore dell’azienda.

L’obiettivo principale del Fondo di Private Equity è quello di incrementare il valore dell’Azienda attraverso il finanziamento e l’implementazione di progetti di miglioramento da completare in un arco temporale normalmente di 4 – 6 anni in vista dell’Exit. I progetti di miglioramento impattano su molteplici processi aziendali con l’obiettivo di migliorare la performance economica e finanziaria, ma non solo; coinvolgono infatti in modo trasversale lo sviluppo della gestione operativa aziendale. Solo per citare alcuni esempi: miglioramento delle procedure interne, implementazione di sistemi informativi sicuri e avanzati (Infrastrutture, ERP, CRM, BI ecc), miglioramento sicurezza e benessere dei lavoratori e relativi indici HSE, modelli di compliance e governance, ecc…

In tale contesto, il mio ruolo di CFO ha un obiettivo molto chiaro, che è quello di avere come priorità il miglioramento del valore dell’azienda nel suo complesso.

Cosa vuol dire concretamente tale affermazione?

Con tale concetto intendo rimarcare che, a differenza di un’azienda imprenditoriale “tradizionale”, a volte a controllo familiare, nell’ambito della quale al CFO è richiesto principalmente di occuparsi di temi contabili, fiscali, di finanza ordinaria e di rapporti con le banche, per il Fondo è prioritario che io guidi il cambiamento della performance aziendale mettendo ad esempio in piedi processi di miglioramento continuo operativo.

E’ del tutto evidente che, dal punto di vista del Fondo, rendere strutturata l’organizzazione interna (con adeguati modelli di compliance e procedure interne, efficaci sistemi di safety e security, efficaci sistemi informativi con solidi modelli gestionali, ecc…) aumenta il valore dell’azienda e conseguentemente il ritorno nel momento dell’exit.

Il mio ruolo di CFO è dunque sempre molto focalizzato su tali processi e progetti di miglioramento che vengono definiti all’inizio dell’anno come target e che poi vengono monitorati e valutati mensilmente. In questo senso definiamo e tracciamo tutta una serie di azioni di miglioramento, che ci aspettiamo poi possano generare evidentemente anche soddisfacenti risultati economici.

Lo hai già fatto intuire in questa prima risposta, ma credo sia un elemento utile da approfondire … quali sono le più evidenti differenze, in termini di interpretazione e declinazione del ruolo, tra il CFO di un’azienda a controllo familiare e il CFO di un’azienda controllata da un Fondo?

Il vantaggio principale dell’ingresso di un Fondo di PE nella gestione aziendale deriva dall’ammontare di risorse che il Fondo mette a disposizione dell’azienda per finanziare la crescita organica e inorganica e sviluppare piani di investimento futuri difficilmente supportabili da un singolo imprenditore.

Anche l’ottica temporale che ha il Fondo è diversa da quella che ha l’imprenditore o la famiglia imprenditoriale. L’azienda imprenditoriale ha di norma un orizzonte temporale indefinito a lungo termine. Il proprietario, quindi, non sempre persegue logiche di ritorno dell’investimento a breve/medio termine, a differenza di quelle che sono le logiche tipiche di un Fondo PE. A prescindere da quelle che possono essere le specificità di un Fondo, normalmente i fondi hanno un orizzonte temporale di circa 4 – 6 anni. All’interno di tale orizzonte temporale la maggior parte degli investimenti sono concentrati nei primi anni e tendono a ridursi man mano che si avvicina il termine del periodo di permanenza in azienda mentre si manifestano i benefici economici degli investimenti effettuati all’inizio del periodo stesso.

Un altro aspetto da considerare è che il Fondo ragiona sempre con logiche manageriali scientifiche oggettive mentre l’imprenditore è guidato spesso anche da intuizioni che possono a volte determinare il successo o l’insuccesso dell’impresa.

Anche l’imprenditore è ovviamente interessato migliorare la redditività, ma in generale è più elastico rispetto a quale area del conto economico possa effettivamente migliorare la performance, essendo interessato a risparmiare e a migliorare su tutta la linea del conto economico (non solo la performance operativa, ma anche la gestione straordinaria, o la gestione degli ammortamenti o ancora la gestione fiscale contingente).

Il Fondo, come detto, è invece focalizzato al miglioramento della gestione operativa (di fatto il motore dell’azienda) che esprime, peraltro, quella performance rilevante per il calcolo dei multipli ai fini della determinazione del valore dell’azienda nel momento dell’exit.

Entriamo nella sfera delle competenze. Rispetto al contesto che hai descritto, quali sono le competenze, le attitudini specifiche richieste ad un CFO che opera in un’azienda controllata da un Fondo?

Direi fondamentali la capacità di gestire progettualità anche complesse, le soft skills per la leadership del team di lavoro, flessibilità e resilienza alla pressione che inevitabilmente si genera.

Per quanto concerne le hard skills, vengono date per scontate e assodate le competenze classiche dell’area amministrazione, finanza e controllo (contabilità, bilancio, fiscale, ecc…). Per un viaggio assieme ad un Fondo è invece indispensabile il supporto finance al business favorito da approfondite conoscenze riconducibili all’area pianificazione e controlling. Il Fondo ricerca competenze molto più da business partner e molto meno da specialista in area Accounting Tax, o, Finanza. In tal senso nel mio ruolo sono sempre molto coinvolto in tutto quello che riguarda la definizione di strategie di business, la valutazione e analisi di marginalità delle varie iniziative essendo coinvolto in prima persona nell’implementazione di nuovi progetti in tutte le aree aziendali, non solo Finance.

Come il CFO di un’azienda controllata da un Fondo vive la dimensione necessariamente temporale del Fondo, consapevole che un nuovo Fondo potrebbe decidere un cambio di management?

Nel corso della mia esperienza professionale ho avuto modo di cambiare diverse aziende e quindi diciamo, sono abbastanza abituato ad avere rapporti di media durata.

In generale credo che sia sempre più inevitabile, per i ruoli apicali, partecipare a progetti aziendali di medio termine, vista anche la dinamicità della vita delle aziende moderne. Non vedo quindi una differenza sostanziale nell’affrontare un progetto interessante con un Fondo di PE, pur sapendo che potrebbe avere un arco temporale definito. Di fatto, il moderno ruolo di CFO già si confronta con progetti di breve / medio termine.

Poi non è detto che ci sia necessariamente un’interruzione del rapporto all’exit, anche perché l’Investitore subentrante cercherà le stesse competenze e avrà l’obiettivo di migliorare comunque il valore dell’azienda come è stato fatto nei precedenti 4 – 6 anni.

In sintesi, per un CFO, quale può essere una prospettiva professionale e manageriale dell’esperienza aziendale vissuta con un Fondo di private equity?

La mia personale esperienza mi porta ad affermare che, quando si entra nel mondo del private equity, si entra di fatto in un network molto apprezzato dal mercato del lavoro.

Nel mio caso, ad esempio, da quando ho iniziato questo progetto, ricevo spesso richieste di contatti di società e recruiter interessati principalmente al settore del private equity.
Se quindi è vero che lavorare in un’azienda controllata da fondi di private equity comporta una situazione di potenziale incertezza futura, d’altra parte è anche vero da accesso ad un mercato del lavoro sempre più importante per il nostro ruolo. In altri termini, il fatto di aver collaborato con un Fondo di private equity americano, di conoscere le logiche operative di questo settore e di far parte di un network professionale diventa competenza distintiva certamente apprezzata e valorizzata, soprattutto nella fase attuale in cui ci sono molti investitori internazionali che si affacciano al mercato italiano interessati non solo ad aziende grandi o medio/grandi ma anche ad aziende piccole e medie.