Correva l’anno 1989 quando l’ONU ha istituito la Giornata internazionale per la riduzione del rischio dei disastri naturali. L’obiettivo di questa giornata è renderci sempre più consapevoli e sensibili alle tipologie di rischi naturali e valutare le diverse modalità con cui si può intervenire per ridurre l’esposizione alle catastrofi.
L’impatto che i disastri naturali di oggi hanno sulle generazioni di domani e sulla continuità dell’ecosistema è estremo; abbiamo scelto di soffermarci su questa tematica perché tanto è forte questo impatto, tanto è vicino e percepibile, tanto anche ci spaventa e a volte immobilizza, ma il nostro desiderio è che noi tutti, sia come singoli che come aziende, attiviamo azioni di consapevolezza e impegno attivo.
Lavorare oggi per ricostruire le foreste di domani
Tra pochi giorni ricorrerà il sesto anniversario della tempesta Vaia, un evento meteorologico estremo che ha interessato il nord-est italiano tra il 28 e il 30 ottobre 2018. In quei giorni, piogge abbondantissime e persistenti, combinate a venti che hanno soffiato per ore a velocità superiori ai 100km/h, con picchi fino a 200km/h, hanno causato alluvioni, mareggiate, intensi temporali, frane e dissesti che a loro volta hanno provocato perdita di vite umane e pesantissimi danni alle infrastrutture e soprattutto al patrimonio forestale italiano.
Proprio gli alberi abbattuti dalla tempesta - che nelle incredibili foto panoramiche trasmesse dai telegiornali appaiono come tanti bastoncini sparpagliati per terra - sono diventati il simbolo di questo evento che è senza dubbio uno degli eventi più importante avvenuti in Italia in tempi recenti, soprattutto per le sue conseguenze sulle foreste italiane, con 42.000 ettari di superficie interessati e 16 milioni di metri cubi di legname abbattuti nel territorio di ben 494 comuni tra Lombardia, Veneto, Trentino-Alto Adige e Friuli-Venezia Giulia.
La tempesta Vaia è stato un enorme trauma emotivo, in primis per chi abita le montagne e le valli dove la tempesta si è abbattuta con più forza, ma anche per chi a quei luoghi, spesso iconici e meta di vacanze, associa ricordi ed esperienze.
Alberi schiantati dalla tempesta Vaia. Credits: WOWnature
Superficie forestale danneggiata dalla tempesta Vaia per Comune (fonte: Chirici et al., 2019)
Un evento eccezionale, quindi, senza precedenti nella storia recente, che tuttavia si inserisce in un contesto in cui gli eventi eccezionali stanno diventando sempre più ordinari. Nei sei anni successivi, il nostro paese è stato interessato da una siccità estremamente severa e persistente, con le immagini del più grande fiume d’Italia, il Po, secco come non lo avevamo mai visto nelle nostre vite, e successivamente da piogge così concentrate e intense che i danni sono stati pesantissimi, in particolare in Emilia-Romagna, tristemente devastata dalle alluvioni. Non è un caso: sebbene non sia mai banale stabilire con certezza la relazione diretta di causa-effetto tra un singolo evento estremo e il cambiamento climatico, quello che sappiamo per certo è che il cambiamento climatico rende gli eventi estremi più frequenti e più severi. Anche per questo motivo, la tempesta Vaia è diventata un simbolo della crisi climatica nella quale stiamo scivolando a velocità crescente e di cui, purtroppo, stiamo cominciando a sentire le conseguenze in modo sempre più concreto e diretto. Ciò che un tempo era un monito e un avvertimento degli scienziati si è trasformato, oggi, in qualcosa di fin troppo tangibile.
Sarebbe un errore, tuttavia, pensare che la crisi climatica si esaurisca con il solo grande evento dalle conseguenze visibili e immediate, come è stata la tempesta Vaia, che in pochi giorni ha atterrato una superficie boscata pari, all’incirca, a quella di quasi 60.000 campi da calcio. La crisi climatica è anche una lenta agonia, è fatta anche di conseguenze meno visibili e meno “rumorose” ma non per questo meno impattanti. Ed è stato così anche con la tempesta Vaia. All’indomani della tempesta, il bostrico tipografo - un coleottero naturalmente presente nelle nostre foreste che, in condizioni normali, ha una presenza endemica e svolge un ruolo ecologico importante, attaccando gli alberi di abete rosso deboli, fragili o in condizioni di difficoltà e accelerando la loro sostituzione con nuovi, giovani alberi - ha trovato di fronte a sé un “lauto banchetto”. Milioni e milioni di alberi danneggiati su cui nutrirsi e riprodursi massivamente, passando così da una condizione endemica a una epidemica. In virtù dei grandi numeri, durante la fase epidemica, il bostrico riesce ad attaccare anche gli alberi sani, creando enormi problemi alle foreste di abete rosso che erano state risparmiate dalla tempesta e moltiplicando il danno della tempesta stessa. Come se non bastasse, il cambiamento climatico, con temperature più elevate, unite a lunghi periodi di siccità e a primavere anticipate, favoriscono ulteriormente la proliferazione dell’insetto. Ecco cosa c’è alla base delle grandi chiazze rossastre di alberi seccati che vediamo sui versanti delle montagne: c’è il bostrico, con la sua inesorabile avanzata, ma soprattutto ci siamo noi, diretti responsabili del cambiamento climatico.
Il bostrico tipografo (a sinistra), le gallerie che scava sotto la corteccia degli alberi che attacca (al centro) e le conseguenze della sua avanzata (a destra).
Credits: WOWnature; Udo Schmidt from Deutschland, CC BY-SA 2.0, via Wikimedia Commons
Di fronte a uno scenario di questo tipo, è facile abbattersi e sentirsi impotenti. I boschi a cui eravamo affezionati, da cui molte comunità dipendevano, i boschi che proteggono le nostre strade e le nostre case, i boschi così generosi di legname, acqua, funghi e aria pulita non ci sono più. Ma c’è qualcosa che possiamo fare per aiutare il bosco a rinascere: possiamo aiutare le foreste affinché loro possano tornare ad aiutare noi con tutti i benefici che regalano ogni giorno. Certo, ci vorrà tempo, ma possiamo lavorare oggi per ricostruire le foreste di domani. Sicuramente non possiamo farlo senza ricordarci di quello che è successo in questi anni: gli alberi di abete rosso, da noi favoriti a discapito di altre specie, si sono rivelati essere fragili nei confronti prima della tempesta e poi del bostrico.
Quando progettiamo e ricostruiamo i boschi di domani, dobbiamo ricordarcene e aumentare il numero di specie, aumentando la complessità e diversificando la struttura dei boschi: laddove prima c’era solo abete, è bene che ci siano anche altre specie come il faggio, il larice, il sorbo, la betulla e così via, a seconda di quali sono le specie più adatte per le condizioni locali. Perché è dalle nostre scelte di oggi che dipende la nostra capacità di resistere e reagire ai disastri naturali di domani. Sono proprio questi i princìpi che stanno guidando la progettazione e la realizzazione dei rimboschimenti realizzati da WOWnature - un’iniziativa di Etifor, spin-off dell’Università di Padova - nelle aree colpite da Vaia e dal bostrico grazie al supporto di cittadini e aziende. Ogni nuovo albero porta con sé un forte significato simbolico e, allo stesso tempo, impatti positivi concreti sul territorio e sulle persone che lo abitano.
Un passo importante, che però non può e non deve essere l’unico: mentre ricostruiamo i boschi danneggiati dalla tempesta Vaia e dal bostrico, dobbiamo contemporaneamente agire alla radice del problema, mitigando il cambiamento climatico e adattandoci alle sue, ormai almeno in parte inevitabili, conseguenze.
La lotta contro il cambiamento climatico è una delle cose più efficaci che possiamo fare per ridurre il rischio dei disastri naturali e non possiamo più permetterci di aspettare.
Una foresta di speranza, cura e impegno
Siamo Caterina, Cristiana, Francesco, Ilaria, Ivana, Marco e Sabina, lavoriamo al CUOA e molti di voi già ci conoscono!
Lo scorso anno il CUOA, in collaborazione con WOWnature, ha preso l'impegno di riforestare la zona di Enego (VI) colpita dalla tempesta Vaia, per restituire al territorio la sua linfa e per fare, come azienda, la propria parte.
Ci emoziona supportare questo progetto e ci emoziona l’idea di far crescere una Foresta CUOA.
Nel corso di questo primo anno, abbiamo preso parte a due giornate di piantumazione di alberi, il 18 maggio e il 7 settembre seguendo i ritmi che la natura ci detta e condividendo uno di questi eventi con gli allievi dei master full time.
Partecipare a questo percorso di riforestazione è incredibilmente significativo, poiché ci permette di comprendere concretamente gli impatti devastanti della tempesta Vaia su questi territori.
Si tratta di un’esperienza che per noi ha anche una forte componente simbolica ed emotiva, e che ravviva ulteriormente ciò che ci appassiona del nostro lavoro: prendersi cura della crescita professionale delle persone, coltivando competenze che, una volta germogliate e messe a frutto, permettono di avere una marcia in più nella carriera e nella crescita anche personale. Le competenze richiedono attenzione e accompagnamento, e siamo sempre più consapevoli e sensibili di quanto anche il nostro ambiente necessita di tale cura e protezione.
Piantare oggi con le nostre mani una piccola piantina che domani diventerà albero è un gesto minimo che migliora la nostra vita e quella del nostro pianeta. Recarci al di fuori del contesto quotidiano, immergerci nella natura e condividere esperienze di forte utilità tra noi colleghi e con altre persone rappresenta veramente un’opportunità unica per rafforzare i legami.
Questi momenti permettono di portare a casa non solo ricordi preziosi, ma anche nuove buone pratiche che desideriamo mettere in atto. Raccontare questa avventura ad amici e parenti rafforza in noi la volontà di continuare a impegnarci per la tutela dell’ambiente. Il nostro impegno non è giunto a destinazione, è un percorso in divenire e in crescita che ci vede impegnati anche il prossimo anno, con l’obiettivo di continuare a contribuire alla rinascita di queste aree.
Ci assicuriamo inoltre che i piccoli arbusti di faggio e larice piantati siano monitorati nel tempo da esperti forestali, per garantirne una crescita sana e robusta. È cruciale intraprendere azioni concrete per ridurre i rischi, diventare attori attivi piuttosto che spettatori passivi, e speriamo che le nostre poche parole possano ispirare persone e aziende a intraprendere esperienze simili.
Quel maggio 2023 e l’alluvione in Emilia-Romagna: piogge record, fiumi e corsi d’acqua esondati
Il territorio dell’Emilia-Romagna, in particolare della Romagna, è stato interessato da due eventi in sequenza in meno di venti giorni con precipitazione cumulata mensile che ha superato i 450 millimetri in varie località. L’alluvione ha coinvolto 44 comuni romagnoli, le forti piogge hanno fatto straripare 23 corsi d’acqua, si sono verificate 250 dissesti e frane.
Nello stesso arco di tempo alcuni eventi calamitosi hanno interessato anche le province settentrionali della regione Marche, la quale ha ottenuto il 25 maggio 2023 lo stato di emergenza dal Governo italiano per le province di Pesaro-Urbino, Ancona, Macerata e Fermo. Lo stato di emergenza è stato esteso anche per i comuni di Firenzuola, Marradi, Palazzuolo sul Senio e di Londa della Regione Toscana.
Una delle ragioni, forse la principale, che ha determinato l’alluvione di 1 anno e mezzo fa è stata non soltanto la quantità enorme di acqua caduta in pochissimo tempo, ma anche il fatto che la Diga di Ridracoli che fornisce acqua a gran parte della Romagna si era totalmente riempita così come le falde acquifere e le fonti da un’intensa pioggia che era caduta 10 giorni prima sul medesimo territorio Romagnolo. Questa “prima” pioggia era stata accolta da tutti noi con grande favore poiché aveva messo “in sicurezza” la risorsa idrica per la imminente stagione estiva della Riviera Romagnola. Per cui quando è arrivato il diluvio successivo tutti i bacini erano già stracolmi così che l’acqua, da ogni dove, è traboccata in maniera dirompente.
Case distrutte, in certi casi fino al secondo o terzo piano come al quartiere Cava di Forlì. I lati delle strade per giorni sono stati riempiti per chilometri da cataste di mobili, suppellettili ed oggetti vari irrimediabilmente compromessi dal fango e dall’acqua. Una folla di volontari, specialmente ragazzi, hanno lavorato notte e giorno per spalare metri cubi di fango. Migliaia di persone che sono stati ospitati in alloggi di fortuna o da amici e parenti.
Parlando con un Sindaco di un Comune dell’Appennino Forlivese mi diceva che non sarà più possibile costruire certe abitazioni perché sono franate intere montagne distruggendo tutto incluso le strade di collegamento.
Si poteva fare di più come prevenzione?
Sempre si può fare di meglio, ma vuoi per mancanza di fondi, vuoi per incuria, vuoi per mancanza, per lentezze burocratiche, vuoi per altri mille motivi nel caso specifico l’anomalia del maltempo ha fatto da padrona: se si continua a versare milioni di litri d’acqua in una vasca già piena questa fuoriesce ed invade lo spazio dove scorre, distruggendo tutto.
La situazione incredibile è che ci sono state città come Forlì o Faenza dove una parte dei quartieri è stata disastrosamente allagata mentre altri quartieri non hanno risentito per nulla dell’alluvione. Addirittura, Ravenna è stata salvata dalla furia delle acque, perché una grande cooperativa agricola ha accettato che i propri campi per centinaia di ettari venissero invasi forzatamente dalle acque dando il permesso di rompere il canale e gli argini che le contenevano.
La solidarietà tra i Romagnoli e quella ricevuta dalle zone limitrofe e da tutta Italia ha fatto il giro del mondo. I ragazzi, in testa, si sono armati di buona volontà, andando a comprare a proprie spese pale, badili, tutto il necessario, e si sono messi a spalare tonnellate di fango e di detriti. I video che ritraevano gruppi di persone che cantavano l’inno della Romagna – “Romagna mia” – hanno fatto il giro del web ed hanno comunicato lo spirito coinvolgente di ripartenza che ci ha affratellato.
Non basta un anno a riannodare i fili di un Territorio così vasto, ma si deve continuare a ricostruire passo dopo passo.
Oramai i mutamenti climatici sono in atto, prima lo capiamo e meglio è. Nell’immediato è necessario porre delle pezze e nello stesso tempo progettare un intervento duraturo e di sistema.
Marco Tupponi
Romagnolo di Forlì
Ecco i risultati del sondaggio interno lanciato per consigliare ogni mese un libro e un film legato alla tematica.
Il film scelto è: THE IMPOSSIBLE
Basato su una storia vera, il film narra l'esperienza di una famiglia in vacanza in Thailandia durante il terribile tsunami del 2004, che colpì le coste dell'Oceano Indiano causando migliaia di vittime. Attraverso gli occhi di Maria e del resto della sua famiglia, il film mostra il caos e il dolore che seguono un disastro naturale di tale portata, mettendo in luce la forza della resilienza umana, il coraggio e la solidarietà nelle situazioni di crisi.
Il libro scelto è: L’ULTIMA FORESTA di Mauro Garofalo
In un pianeta Terra sconvolto dalla catastrofe climatica con innalzamento dei mari, incendi, alluvioni o, agli antipodi, siccità estreme, una famiglia vaga alla ricerca di un posto ospitale nel mondo.
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