Il 25 settembre si celebra la Giornata Mondiale dei Sogni, istituita nel 2012 da Ozioma Egwuonwu, educatrice e motivatrice americana, affinché le persone siano spinte a riflettere sui propri sogni, se ne prendano cura e da essi possano essere trasportate per coltivarli e realizzarli.
CUOA porta questa tematica nel suo DNA e incoraggia le persone a riflettere sulle proprie aspirazioni e a costruire il proprio percorso verso la realizzazione personale e professionale. Avere sogni nella vita è importante perché forniscono motivazione e senso di scopo. I sogni guidano le nostre azioni e decisioni, ci aiutano a superare le sfide, a crescere e a migliorare, rendendo la vita più significativa e soddisfacente.
I sogni come motore di cambiamento al Villaggio SOS di Vicenza
Al Villaggio SOS di Vicenza, i sogni non sono semplici desideri, ma potenti motori di cambiamento. Qui, ogni giorno, guardiamo al futuro progettando percorsi educativi trasformativi ed evolutivi non solo per chi accogliamo ma anche per la comunità. La nostra missione è offrire un ambiente familiare, professionale e stimolante, con un approccio individualizzato rivolto a minori, mamme con bambini e neomaggiorenni.
Per i bambini/e e ragazzi/e esposti a gravi situazioni di rischio, rispondiamo al mandato dei servizi sociali, seguendo le indicazioni dell’autorità giudiziaria, e offriamo accoglienza e protezione in un ambiente sicuro. Quando possibile, promuoviamo il mantenimento dei legami familiari, così come quelli con figure significative, riconoscendo l'importanza delle radici e dei legami affettivi per uno sviluppo emotivo sano.
Per le mamme con bambini, offriamo accoglienze volte allo sviluppo delle capacità genitoriali, all’autonomia e, se necessario, alla protezione, curando la relazione madre-figlio.
Per i ragazzi che hanno raggiunto la maggiore età, costruiamo programmi di orientamento professionale, tirocini, formazione e accompagnamento (ad esempio educazione finanziaria), per prepararli ad affrontare le sfide della vita adulta, prestando attenzione alle attitudini individuali.
Le storie di Efe e Felicity, raccontate da loro
Efe:
Felicity:
«Io non sono stupida, e neanche matta»; il papa mi diceva che sono come la mamma e quando me lo diceva mi facevo la pipì addosso; adesso no, non la faccio più, adesso ho imparato che non sono matta, sono solo una bambina felice.
Mi chiamo Felicity, ho otto anni, frequento la seconda elementare, ma non sono stata bocciata, sono rimasta solo un anno in più alla scuola materna per imparare.
Ho una sorella gemella Rebecca, e un fratello, Matteo, ai quali voglio tanto bene e anche loro me ne vogliono, anche se mi dicono che sono «una rompiscatole» e ogni tanto litighiamo. Il papà non so dove sia, non l’ho mai visto. Mi piace tanto disegnare, mi piacciono tanto i colori. Una volta a scuola ho colorato una foca di giallo e i miei compagni mi hanno presa in giro perché le foche non sono gialle; io mi sono arrabbiata e ho dato uno schiaffo alla mia compagna. I grandi mi hanno sgridata: mi hanno detto che avevo ragione, ma che le mani non si devono mai alzare, che potevo parlare con la mia compagna e dirle che so che le foche sono grigie, ma che la mia foca io la volevo gialla perché... sono una bambina felice... non stupida.
Mi piacciono tanto i cartoni, il mio preferito è Frozen e quando ero piccola volevo tanto i capelli lunghi come quelli di Rapunzel. Anche la mamma aveva i capelli lunghi: qualche volta erano «fuschia», qualche volta arancioni. Che bella era la mia mamma con le gonne corte corte, con i tacchi e i capelli lunghi! I miei capelli però erano sempre tanto corti, non crescevano e tutti mi prendevano in giro perché mi dicevano che sembravo Gollum, ma io non so chi è Gollum.
Poi un giorno la mia mamma, che era con noi al Villaggio, è andata via: il giudice le ha detto che doveva andare via perché non rispettava le regole e ci ha lasciati lì. Quel giorno Stella mi ha detto che mi avrebbe fatto crescere i capelli come quelli di Rapunzel; bastava solo che mangiassi tutte le verdure e la carne, lei me li avrebbe curati e così sarebbero cresciuti. Ormai sono passati quattro anni, i capelli sono lunghi, sono più lunghi di quelli di mia sorella, solo che io ho i ricci!
Quando ero piccola, nessuno mi aveva insegnato che la pipì non si fa al parco giochi, ma si deve andare in bagno e quindi la facevo dove volevo. Ora sono grande, la pipì la devo fare in bagno, devo chiudere la porta perché altrimenti tutti mi vedono le parti intime. Mi piace tanto giocare, la mia amica migliore è Gessica, la mia amica immaginaria. Non sono matta, la Fede mi dice che sono fantasiosa e che anche lei da piccola aveva un cane immaginario. Nico invece un cane lo ha davvero e si chiama Cocco. Io amo i cani. Ogni tanto i grandi mi sgridano perché li accarezzo anche se non li conosco, dicono che mi potrebbero mordere... ma sono così cuccioli! Cocco lo posso accarezzare, lui è buono davvero e posso anche andare a fare le passeggiate con lui quando Nico lo porta al Villaggio. Da grande voglio diventare maestra dell'asilo e portare i tacchi, come la mia mamma. Intanto insegno ai miei bamboli: ho tanti bambolotti e peluche che mi hanno regalato i miei zii, i miei nonni e la mia mamma, ma a me piace di più giocare con quelli che mi sono costruita con i rotoli di carta igienica che ho finito e preso di nascosto dal bagno.
All'inizio Luisa pensava che volessi fare una famiglia con quei rotoli e la chiamava «la famiglia cacca», ma quando sono diventati 37, ha capito che non era una famiglia ma una scuola! Sono tutti colorati e diversi. Rebecca grande, non mia sorella, mi ha insegnato a metterci i capelli di lana, Laura mi ha insegnato a farci le facce, e Francesco, anche se è maschio, ci vuole sempre giocare! Luisa ama suo marito, anche lei ha due gemelle, come me e mia sorella, ma loro vivono con la mamma. I grandi mi hanno detto che la mamma è andata via perché faceva fatica a prendersi cura di me, che mi vuole tanto bene, ma che era difficile essere da sola e prendersi cura di noi tre. Adesso che la mamma è da sola sta imparando a prendersi cura di sé, ha trovato un lavoro e ha un nuovo moroso. Io devo imparare ad avere cura di me.
Adesso ci sono Stella, Luisa, Nico, Fede, Albe che si prendono cura di me e che me lo insegnano, così da grande saprò prendermi cura di me e dei miei bambini, e troverò un principe come Aladin che ama Jasmin e sarà il mio moroso e mi amerà come il marito di Luisa la ama. Ora so che se voglio avere una coccola, che non posso avere dalla mia mamma perché è lontana, basta avvicinarmi a Stella, Luisa, Fede, Nico. Non sono le mie mamme, ma mi vogliono bene, me lo dicono sempre, mi abbracciano, mi stringono forte forte e mi fanno il solletico. Loro mi hanno portato in piscina, mi hanno insegnato a nuotare e ad andare con i pattini, mi hanno portato sulla neve e mi hanno regalato le calze per il mio primo spettacolo di ginnastica, quando Stella mi ha fatto delle treccine ed ero bellissima e tutta la casa è venuta a vedermi! Da piccola tutti i grandi mi dicevano che ero matta, come la mamma. Ora i grandi mi dicono che sono fantasiosa, io dico che... sono felice, perché posso cantare come Elsa nel castello, come Rapunzel nella torre, o Mulan o Oceania e ballare e saltare come Ballerina, e non devo avere paura come Boo di Mosters & Co perché mi sento protetta. Anche se non vivo con i miei genitori, sono come Mowgli nel Libro della giungla: ho degli amici come Bagheera, Baloo, Kaa che mi insegnano tante cose, che si prendono cura di me e che mi lasciano essere bambina. Forse un po' mi sgridano, perché qualche volta sono monella, eh si, forse sono un po' monella, ma almeno ora so che non sono né matta né stupida, sono solamente felice... sono Felicity.
In ogni accoglienza, i sogni rappresentano per bambini, ragazzi e mamma il vero motore del cambiamento, permettendo loro di avere una prospettiva che gli faccia sentire protagonisti e parte attiva del proprio progetto di vita, con la possibilità di sviluppare le proprie potenzialità e riscoprire la fiducia in sé stessi e negli altri.
Il Villaggio SOS di Vicenza è una comunità dove i sogni di ciascuno diventano il sogno di tutti.
Ogni persona che passa di qui contribuisce a un progetto di solidarietà, crescita e cambiamento.
Invitiamo tutti a capirne di più sui nostri programmi, a credere nel potere dei sogni e a sostenerli.
villaggiososvicenza.it
relazioniesterne@villaggiososvicenza.it
CI SONO STORIE
Ci sono storie che dovrebbero iniziare e non iniziano mai.
Ci sono storie che iniziano e per qualche motivo finiscono molto presto.
Ci sono storie che iniziano e che durano nel tempo, si esauriscono e finiscono naturalmente.
Ci sono anche delle storie che iniziano, senza un motivo preciso, specifico, senza che si cerchi in qualche modo di guidare destini, cambiare il corso della vita, cercare di essere migliori, aiutare sé stessi o il prossimo. Ci sono incroci magici che avvengono per il semplice fatto che ci sei, che sei in quel posto in quel momento e che magari sei chiamato a compiere azioni che neppure vorresti fare; ma non ti puoi sottrarre, tocca a te, è il tuo momento anche se tu non lo sai: queste storie a volte non finiscono mai.
1982. Vengo obbligato a correre la corsa campestre dal mio prof. di ginnastica, pena un 4 in pagella. Dunque corro e, inconsapevole del mio talento, vinco. Vinco, vinco semplicemente perché corro; e così senza un impegno preciso, senza voler essere un campione, mi ritrovo con la maglia azzurra addosso, e quella scintilla di passione, che non cercavo, è ormai indissolubilmente accesa. Ma io ancora non lo sapevo.
1983. Ho solo 17 anni. Un giorno di sole mi fermo con la bicicletta e osservo un fiume. Un sogno, una parola, un’emozione entrano nella mia testa: OLIMPIADE. Non so come, non so dove, non so quando ma io ci andrò. E piango al solo pensiero. Sento di essere qualcuno, di valere, sento che il mio talento è una parte di me importante, e ringrazio all’infinito quel professore che mi ha forzato e mi ha permesso di essere una versione migliore di me. E so che la montagna da scalare è davvero altissima.
Ma si sa, il destino è un burlone, la vita fa i suoi percorsi e a noi spetta a volte il compito di adattarci e di trovare nuove strade, nuove risorse. È così che pattinando mi rompo malamente la caviglia sinistra, la prognosi è impietosa. Nonostante centinaia di tentativi non riesco più a correre come prima. Mi rimane il mio talento, che cullo dentro di me.
Ancora non lo so, ma questa via crucis è un regalo meraviglioso che la vita mi fa. Scopro di essere una persona assolutamente resiliente: mi adatto, sviluppo strategie e in cuor mio c’è solo un piccolo flebile sussurro che mi racconta che “non è finita finché non è finita”. La vita fa le sue cose, e io scelgo le mie: faccio sci di fondo (50° in Italia), istruttore di subacquea e apnea, portiere e poi allenatore di calcio, vela… acquisisco strumenti, punti di vista, imparo, imparo e imparo con l’umiltà di chi sa di non sapere. Già, perché il primo ostacolo all’apprendimento è pensare di sapere, blocca alla sorgente la nostra capacità di lasciarci trasportare, di vivere emozioni, di lasciarci condurre nella danza di tutti i giorni, di scoprire l’altro e il suo valore, di scoprire che ogni arcobaleno è diverso da quello precedente se solo ti concedi di guardarlo con gli occhi del bambino che vive dentro di te. Intanto lavoro, creo una famiglia insieme alla mia compagna e cresciamo insieme un figlio meraviglioso.
La passione spinge e mi iscrivo a corsi su corsi, con la curiosità di chi vuole essere strumento a disposizione degli altri. Comincio a seguire atleti locali, per aiutarli mentalmente a dare il meglio di sé nelle loro sfide sportive. Divento quindi ufficialmente un Mental Coach.
Lavoro con impegno e con grande passione, perdo e vinco insieme alle persone che si affidano a me. Tante emozioni che scelgo di regalarmi. Vivo.
Piano piano il livello si alza, ed ora seguo alcuni atleti della nazionale italiana nel running e non solo.
2024. Il sussurro torna a farmi visita, stavolta si presenta nella voce di un ragazzo che seguo e che mi chiede: “E se andassimo alle olimpiadi assieme?”. Ci sono voluti 41 anni per poter aprire questa possibilità, sono un’altra persona rispetto a quel ragazzino che sognava, molto più maturo, con davvero mille esperienze diverse. Ho duramente coltivato i miei talenti, senza sconti. Il talento senza duro lavoro rimane una promessa non mantenuta. Ora spesso sono un riferimento per gli altri, a volte ancora non mi capacito del livello raggiunto, continuo a studiare e ad impegnarmi. Ma in quel preciso istante realizzo che, in fondo, quel ragazzino è ancora dentro di me. Guardo, allora, l’atleta negli occhi e piango; non so trattenere l’emozione. “SIIIII” rispondo molto poco professionalmente ed il cuore batte davvero forte. Parigi arrivooooo!!!!
Quel ragazzino nel 1983 non sapeva cosa la vita gli avrebbe riservato, ma sapeva che, come il ruscello scava la roccia, forse con il tempo, una strada sarebbe apparsa. Non c’è alcuna sicurezza se non quella di un duro lavoro e di tanta fede in sé stessi e nella vita.
Non sempre sono i fatti a determinare il tuo destino, certo lo possono influenzare anche pesantemente come è successo a me, ma in fondo ho sempre sperato in qualche modo di farcela; e se così non fosse stato, il viaggio e quello che sarei diventato sarebbe stato il premio. Ci sono storie che iniziano senza un motivo preciso e che a volte non finiscono mai. Io intanto continuo a correre ed il mio sogno corre con me.
IL VIAGGIO È LA RICOMPENSA.
Luca Moschini, Mental Coach e allievo CUOA
https://lucasportemente.it/
Il 28 agosto 1963, al termine di una manifestazione tenutasi a Washington in favore dei diritti civili, Martin Luther King invoca i principi di uguaglianza e libertà pronunciando un discorso che comincia con “I have a dream” e nel quale parla del suo sogno, inteso come desiderio di vivere in un mondo ideale, un posto in cui le persone non siano giudicate per il colore della pelle.
In occasione della Giornata mondiale dei sogni, l’invito da parte della Collezione Peggy Guggenheim, Venezia, è di riflettere sull’importanza dei sogni nella nostra quotidianità e sul loro straordinario potere trasformativo.
I sogni non sono solo visioni notturne o desideri fugaci, ma sono la scintilla che accende la creatività, l’innovazione e il cambiamento.
Ogni giorno, in museo, siamo testimoni della forza dei sogni che diventano arte, cultura e ispirazione.
Peggy Guggenheim stessa fu un esempio vivente di come i sogni possano trasformarsi in realtà tangibili. Con la sua visione e la sua determinazione, ha dato vita a una collezione unica, diventata simbolo di libertà creativa e di apertura verso nuove possibilità.
Il suo lascito ci insegna che i sogni, quando coltivati con passione e coraggio, possono trascendere i limiti del tempo e dello spazio, influenzando intere generazioni.
Salvador Dalí
La nascita dei desideri liquidi
1931-32
Collezione Peggy Guggenheim, Venezia (Fondazione Solomon R. Guggenheim, New York)
Ecco i risultati del sondaggio interno lanciato per consigliare ogni mese un libro e un film legato alla tematica.
Il film scelto è: LA RICERCA DELLA FELICITÀ
Chris Gardner è un padre single che lotta per crescere suo figlio Cristopher e cerca di realizzare il sogno di condurre una vita migliore per entrambi. Senza alcun reddito o risparmio, padre e figlio sono costretti a dormire in qualsiasi posto in cui trovino un alloggio per la notte. Chris incarna l’immagine di un padre amorevole, che con costanza e fiducia guida suo figlio nel non abbandonare mai il sogno della felicità e di superare ogni ostacolo che il cammino presenta.
Il libro scelto è: OGNI MATTINA A JENIN
“Avevamo poche cose e pochissime necessità. Non ho mai visto un parco giochi e non ho mai nuotato nel mare, ma la mia infanzia è stata magica, sotto l’incanto della poesia e dell’alba. Non ho più trovato un luogo sicuro come l’abbraccio di mio padre, quando nascondevo la testa nella cavità del suo collo e delle sue spalle robuste. Non ho più conosciuto un momento più dolce dell’alba, che arrivava con l’odore di tabacco al miele e mela e le splendide parole di Abu Hayyan, Khalil Gibram, Al Ma’arri, Rumi [1]
[1] Cipolli, S.
“Ogni mattina a Jenin” racconta attraverso le parole della protagonista Amal, la storia di una famiglia, che diventa simbolo delle famiglie palestinesi, costretta a fuggire dalla propria terra dopo la nascita dello Stato di Israele. Una storia toccante e drammatica, che dimostra empatia e dolore, nel desiderio della protagonista di condividere tutte le incredibili vicende vissute.
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